IMMAGINI PINETO CALCIO ANNI ‘ 50 – MOSTRA FOTOGRAFICA

Nella bellissima cornice di Villa Filiani  si è tenuta, nel periodo natalizio,  la mostra di  immagini inedite  sulla nascita dell’attività calcistica di Pineto,  con  foto in bianco e nero che hanno catturato l’attenzione di  tantissimi cittadini .

Ideatore ed organizzatore della  mostra fotografica ” Immagini di una storia  “Gli anni ’50”  il Dott. Silvio Brocco , attuale Presidente del Pineto Calcio,  fedele custode dei  preziosissimi scatti  che hanno immortalato scampoli di gioco espressi nel vecchio campo Druda, la composta e numerosa partecipazione  di spettatori  ai bordi del campo , le  porte  senza reti , le prime sfere di cuoio,  il perimetro di gioco approssimato dalle dune irregolari, le prime ed orgogliose divise  che esprimevano anche  i colori sociali.

Il Presidente Silvio Brocco è  noto per il forte  e romantico legame con la cittadina di Pineto, manifestato  sia  con la fervida  e pluriennale partecipazione  nella gestione del Pineto  Calcio che   con la passione per la musica,  tuttora espressa con il gruppo di vecchi  amici. Con questa  iniziativa ha voluto restituire uno spaccato della nostra cittadina dell’immediato dopoguerra, le prime sfide ed i primi campionati.  La mostra è stata corredata dal contributo storico del maestro Enrico Romanelli, il quale ha raccolto e riportato testimonianze dei nostri pionieri del calcio, ha inanellato  una serie di episodi  e di  aneddoti   scansionati in una precisa sequela di tappe  che hanno sdoganato la nostra cittadina  dal grigiore del dopoguerra, creando le basi  di una  ricca e gloriosa tradizione calcistica della nostra cittadina.

In  Italia imperava  ancora il  modulo  di gioco del “metodo”, mentre il  “sistema” di Chapman veniva  sovrastato  dall’inversione organizzativa  della grande  Ungheria di Puskàs, Kocsis  ed Hidegkuti . Erano  gli anni di  Charles e Sivori, del trio Gre-No-Li,    a Pineto si giocava  nel  campo   Druda faticosamente costruito  da alcuni  studenti pinetesi  i quali , con mezzi rudimentali  ma tanto entusiasmo ,  riuscirono nella difficile impresa di spianare  le dune sabbiose con un pesante rullo di pietra tirato manualmente.

Quel campo  rappresenta il contesto  delle tante foto  in bianco  e nero  il cui  magico scatto ha   immortalato anni di entusiasmo,  il coinvolgimento  dei cittadini  trasformati in cornice umana ai  bordi del campo,   parabole  della sfera di cuoio  ancora con la stringa nella chiusura ;  fedele custode di sfide epiche, alcune immortalate quale il derby con la vicina Silvi  reso memorabile  dallo sbarco di 100 silvaroli  con 7/8  battelli a  vela attrezzati per la pesca delle sarde, ed un paio  di lancette.  Si parla di vendetta  per  un incontro precedente, minacce in campo , rissa finale con coinvolgimento del pubblico    anche femminile,  ripartenza della pittoresca  spedizione per andare a “sardinare”: per la cronaca la partita fu vinta dalla squadra di Silvi per 2-1 , un rigore fu calciato deliberatamente fuori  dal Pineto  sull 1-1   per atteggiamenti oltranzisti degli avversari.

Le  immagini  raccolte in questa mostra vanno al di là  di una mera proposta  documentaristica  del  ” Gioco del Calcio   a Pineto “. I  protagonisti  di queste bellissime foto  hanno posto le basi  della tradizione sportiva  della nostra cittadina, non soltanto calcistica, favorendo  un grande sentimento  di pinetesità     e maturando i valori dello  “stare insieme ” . Alcuni  di quei ragazzi che “rullavano ” il terreno  di gioco per renderlo praticabile,  diventeranno   protagonisti  anche in altri ambiti della  storia  pinetese.    Ad ascoltare  i visitatori della mostra,  tutti  hanno provato emozioni  che a distanza  di tanti  anni  ci fanno gioire  o commuovere vivendo i momenti più autentici che ci regala lo sport.

L’intestazione del campo  a Gabriele Druda ricorda,invece,  una delle pagine più dolorose della storia del calcio pinetese. Il 10 Febbraio 1950 , Gabriele  perse la vita  a seguito di una caduta  sul terreno di gioco,  “in uno dei tanti contrasti  per il possesso di quel pallone che amava tanto” ( Franco Druda). La mostra  ci ha ricordato, oltre ad uno  spaccato di un calcio di altri tempi, “la partecipazione popolare  che fu sempre spontanea e contribuì  a rinsaldare i rapporti di amicizia  in un’epoca difficile , protesa  però verso lo sviluppo degli anni  sessanta e , a ben vedere, è ancora questo lo spirito che ci  ha mosso a prescindere le belle immagini di questa mostra  ” ( Silvio Brocco).

Nel frattempo  il perimetro di gioco  che  è stato lo sfondo  di queste belle immagini, traslato di  un centinaio di metri verso Nord agli inizi degli anni  ottanta, attende silente che le nuove immagini a colori riflettano  sullo sfondo  una  bellissima superficie verde, il colore della  prime maglie del Pineto Calcio.

Mutignano, la chiesa di Santa Maria della Consolazione

consolazione

Il borgo antico di Mutignano si estende sulle colline a ridosso del litorale di Pineto, attorniato dal magico fenomeno calanchivo con un tessuto urbano ed edilizio in prevalenza ottocentesco e moderno. Si sviluppa attorno ad un corso principale con i caratteristici vicoli che si estendono in ramificazioni laterali, sino ad arrivare al Parco Castellaro considerato il primo sito storico del borgo medioevale dove fu costruita, verosimilmente, la prima chiesetta di Mutignano in onore della Santissima Trinità. Il borgo custodisce un patrimonio architettonico ed artistico di riconosciuta valenza con la Chiesa medievale del patrono S.Silvestro Papa considerata l’ emergenza architettonica più importante, ben conservata grazie ai restauri quattrocenteschi e settecenteschi , con una manutenzione ordinaria assicurata fino ai nostri giorni. Analoga attenzione non è stata riservata alla Chiesa di Santa Maria della Consolazione situata, provenendo da Pineto, poco prima dell’ingresso al borgo antico, sul lato sinistro, nella località conosciuta come “Cona“, il cui etimo proviene proprio dalla Chiesa che ancora oggi è chiamata “Chiesa della Cona”, ovvero luogo dove veniva venerata “l’Icona“.

Agli occhi dei cittadini, dei turisti e dei passanti si presenta racchiusa in una recinzione di protezione che appare come un’ estremo tentativo di preservarne la sagoma in attesa di miracolosi interventi, con l’installazione provvisoria di un tetto in lamiera . Già nel 1924 la stessa veniva descritta come “diruta“ dall‘Ispettore di Zona Bertini Calosso, in alcune note inviate alla Regia Sovrintendenza di Roma in occasione di un suo viaggio in Abruzzo, alle quali si aggiunsero diverse sollecitazioni del Sindaco di Mutignano

Sempre nella stessa relazione l’Ispettore descrive lo stato dell’arte : “La parte superiore della parete…. presenta sotto l’intonaco larghe tracce di affreschi del sec. XVI ed anche del sec. XV non privi di interesse: non è perciò fuor di luogo supporre che anche nella parete inferiore, ora interrata per la destinazione a sepoltura, possa esservi eguale decorazione….Una lapide sulla porta dice che la costruzione della chiesa rimonta al 1408; ma la data che è sull’altare attuale permette di fissare al 1749 il parziale riempimento avvenuto“. I diversi appelli lanciati dal Sindaco di Mutignano rimasero inascoltati e lo stato di degrado della Chiesa continuò a peggiorare sia per i danni causati dalla guerra che dai continui smottamenti del terreno. Ne l 1960 la Chiesa fu dichiarata inagibile mentre negli anni ’80 fu chiusa definitivamente; il parroco ne chiese addirittura la demolizione per motivi di sicurezza, in alternativa della vendita all’amministrazione comunale.

La chiusura definitiva della Chiesa ne peggiorò la stabilità strutturale con il crollo del tetto, del cappellone della Madonna (con conseguente perdita dell’affresco) e della sagrestia. I lavori di conservazione avviati dal Ministero delle Belle Arti nel 1998 si riferiscono al puntellamento della facciata e di alcuni muri perimetrali con la sostituzione della copertura originaria con una provvisoria in lamiera metallica che ne hanno impedito il definitivo deterioramento.

Nonostante l’evidente stato di fatiscenza in cui versa ora la Chiesa, si intuisce ancora l’originale organismo a pianta centrale del tipo a croce greca, con uno spazio quadrangolare centrale dal quale si apron , attraverso quattro arcate, altrettanti spazi di analoga ampiezza e di minore profondità successiva. Nel 2006 erano stati stanziati 250.000 euro dalla Sovrintendenza per l’inizio del restauro ma ad oggi non è stato avviato alcun lavoro; per il recupero totale della struttura serviranno, comunque, ben altre somme.

lapide consolazione

Riferimenti storici

La chiesa a croce greca, sotto il profilo architettonico, è tipica dell’arte bizantina con il prototipo della distrutta chiesa dei Santi Apostoli di Costantinopoli, ripresa in Italia nel periodo dell’alto medioevo e, successivamente, sostituita dalla croce latina con l’avvento del romanico. Si parla di pianta a croce greca quando la navata ed il transetto hanno la stessa lunghezza e si intersecano a metà della loro lunghezza (la Basilica di San Marco di Venezia è un tipico esempio di chiesa a croce greca di ispirazione bizantina); quando sono di lunghezza diversa si parla di pianta a croce latina. La Chiesa di Santa Maria della Consolazione potrebbe risalire addirittura al ‘200 anche se la prima fonte documentale, rappresentata da un’antichissima lapide con una iscrizione latina, ne ricolloca l’origine al 1408 “Fundatio Ecclesiae Sanctae Mariae Consolationis fuit anno Domini MCDVIII/spectandum pietatis opus mirare viator/condidit hoc populus religionis (sic) amans, “(O viandante, ammira questa prodigiosa opera di pietà voluta da un popolo amante della Religione); tale lapide è ora custodita presso la Chiesa di S.Silvestro ma qualcuno ha sollevato il dubbio circa l’autenticità della stessa.

Un tempo era considerata la “chiesa di campagna“ in quanto era collocata al di fuori delle mura del borgo che finivano dove oggi emerge la Chiesa di S. Ilario. A questa Chiesa, con Bolla Pontificia, fu concesso il privilegio dell’ Indulgenza plenaria ad instar partiunculae , cioè come per la Porziuncola di Assisi, da lucrarsi l’8 Settembre di ogni anno. Sembrerebbe che la Chiesa fosse stata da subito elevata a Santuario e dotata di una Porta Santa, grazie alle pressanti richieste del Ducato di Atri . La Porta Santa veniva aperta l’8 Settembre ed era meta di un pellegrinaggio molto partecipato. I fedeli entravano per la Porta Santa ed andavano nella cappella con l’affresco ritenuto miracoloso raffigurante la Madonna; quindi andavano nella navata principale e, dopo aver recitato varie preghiere , uscivano per il portone principale. Il Duca Andrea Matteo Acquaviva premiò il fervore religioso della comunità di Mutignano con l’artistica Croce astile cesellata e niellata da Nicola Gallucci detto di Guardiagrele (1450) ora conservata nella sagrestia della Chiesa di S.Silvestro insieme al dipinto raffigurante la Madonna con il Bambino, copia della Madonna Bridgewatr di Raffaello, entrambi scampati alla rovina della Chiesa. Il suo abbandono cominciò quando fu concessa un’altra indulgenza plenaria (ma senza porta santa), alla Chiesa di Sant’Ilario, situata all’interno del paese. Nel 1682, infatti, il Duca di Atri Giangirolamo II, su richiesta della popolazione, riuscì ad ottenere il trasferimento delle spoglie di Sant’Ilario da Roma a Mutignano: le sacre reliquie giunsero in paese la sera del 26 Settembre 1683 e nel1694 il Papa concesse l’indulgenza plenaria per la festa del 27 Settembre. Durante la carestia che interessò la comunità di Mutignano dal mese di Maggio del 1816 al mese di Dicembre dell’anno successivo, morirono 366 abitanti; ogni giorno le case e le strade erano ingombre di cadaveri . Fin dai tempi antichissimi si usava seppellire i morti dentro la Chiesa Parrocchiale; da quell’anno e precisamente dal 29 Giugno 1816, essendo stato esaurito tutto lo spazio disponibile, i cadaveri vennero seppelliti nella Chiesa di S.Maria della Consolazione. Successivamente, dal 29 Marzo 1890, vennero inumati nell’apposito cimitero. Il terremoto del 1884, inoltre, aveva minato ancor più la precaria struttura della Chiesa. Durante i secondo conflitto mondiale sembra sia stata usata come magazzino e deposito di veicoli, in particolare di natura militare. Affreschi di pregevole fattura, documentati da due vecchie fotografie, sono riferite ad una “chiesa diruta“ locale, con una inquadratura parziale, a livello delle spalle di due figure: uno splendido volto di Madonna con il Bambino (di cui si intravede nella foto un accenno della testa), la cui eccellente qualità si evidenzia nella formulazione dell’ovale perfetto del volto, dalle raffinate ombreggiature e nella magistrale resa delle trasparenze del sottilissimo velo del capo, nonché il bel sembiante di un San Sebastiano, dalla fluente capigliatura in cui incorre lo stesso pensiero figurativo che troviamo nell’affresco di analogo soggetto della Chiesa di Santa Croce di Urbino.

 san  sebastiano  madonna  della consolazione  madonna  5  Madonna 1
madonna 2 madonna 3  madonna 4

Considerazioni

 Recuperare la Chiesa della Madonna della Consolazione riveste una duplice importanza, sia religiosa che architettonica . Si è fatto un breve riferimento alla particolare ed iniziale struttura a croce greca, alla rara presenza sul territorio nazionale di analoghi edifici a pianta centrale. Ma ancor più importante è la ricerca e la ricostruzione delle fonti vescovili ed archivistici che attestino l’esistenza della Porta Santa. Si auspica un convegno , da tenersi nella splendida cornice dell’ Auditorium di Mutignano ; u n incontro da tenersi con la Curia, la Sovrintendenza e l’Amministrazione Comunale per individuare il percorso migliore per il recupero della Chiesa, l’individuazione delle risorse finanziarie per il recupero e la destinazione di questo “ gioiello “ dal valore incommensurabile , foriero di un turismo di natura religiosa nel momento in cui se ne riconoscerà l’autenticità della presenza di una Porta Santa, che si andrebbe ad aggiungere a quella de L’Aquila e di Atri .